LA SPEDIZIONE
DI CARLO VIII
IN ITALIA
RACCONTATA
DA MARINO SANUTO
E PUBBLICATA PER CURA
DI RINALDO FULIN.
(Estratto dall'ARCHIVIO VENETO, Serie I).
VENEZIA
TIPOGRAFIA DEL COMMERCIO DI MARCO VISENTINI
1883.
ALL'ILLUSTRE COMMENDATORE
BARTOLAMMEO CAPASSO
SOPRINTENDENTE DEI REGI ARCHIVI NAPOLETANI.
Non dovrei aver coraggio di presentarle una edizione,che io stesso riconosco sì difettosa. Ma la bontà che Ellaha per me, e di cui qualche traccia è in questo stesso volume,mi fa sperare che l'accoglierà come segno dell'affettuosareverenza e della riconoscente amicizia
del suo affezionatissimo
R. FULIN.
Venezia, Agosto 1883.
[3]
Nel dare al pubblico, riunita in un solo volume, questa cronacadi Marino Sanuto, debbo giustificare la mia fatica da qualcheappunto che mi potrebbe esser fatto. Non è già ch'io possa rimproverarmidifetto di diligenza, ma certamente mi duole di nonaverla potuta riprodurre così esattamente come uscì di man dell'Autore;e ancora più mi dorrebbe, se alcuno potesse credere diminuitoil valore della mia pubblicazione da uno dei plagi più insigni,che la storia della nostra letteratura ricordi.
Prima di tutto debbo avvertire, cosa del resto già nota, chefinora di questa cronaca si conosce solamente un codice apografo,custodito nella biblioteca nazionale a Parigi (ital., num. 1422,Gaignières, 688). Quel commentario, che il Muratori pubblicò nelvolume XXIV del Rerum Italicarum, attribuendolo al nostro MarinSanuto, dopo i dubbi del Foscarini[1] e le osservazioni delMorelli[2], fu riconosciuto fattura di Girolamo Priuli. E parimentele notizie del Darù[3] e del De Cherrier[4] avevano a sufficienzamostrato che il codice parigino contiene la cronaca sanutiana; laquale, essendo ormai fatta di pubblico diritto, rende palese testimonianzadell'Autor suo. Quel codice, per concessione della Francia,fu dato a trascrivere nel nostro Archivio di Stato. E si conobbeallora che il codice non era autografo, anzi si disse (dico«si disse», perchè all'illustre storico Gregorovius e a me, che neabbiamo fatto preghiera, non fu conceduto pur di vedere nonchèdi esaminare quel codice), si disse adunque che era di pessima mano.[4]Ma le angustie del tempo, giacchè non voglio mettere in dubbiola perizia del copista, non permisero che la trascrizione riuscissesufficientemente accurata. E così, tra gli errori asseriti delcodice parigino e quelli incontrastabili del moderno copista, le difficoltàdella lezione son sì frequenti e in qualche luogo sì forti, chein più d'un caso ho disperato di restituire la dizione genuina deltesto. L'originale, a malgrado di ogni ricerc