FUOCHI DI BIVACCO


ALFREDO ORIANI


FUOCHI DI BIVACCO

BARI
GIUS. LATERZA & FIGLI
TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI
1913


PROPRIETÀ LETTERARIA

Riservati tutti i diritti

OTTOBRE MCMXIII — 36188


[5]

DIANA

Per me non suonerà più sulle alture; nè lo vorrei.

Adesso scrivo sotto una pioggia, che batte ai vetridella finestra e finisce di sterminare sulle vitigli ultimi grappoli. Questo autunno è lacrimoso:una tristezza è colata con le nebbie dai monti oscurandole valli, i canti della vendemmia non hannopotuto salire sino ai castagneti rispondendo aglistornelli dei montanari, che abbacchiano i marroni:il fango sgocciola dai campi alti sulle strade, chele sonagliere dei cavalli battono malinconicamente.

Quassù la terra e la gente si preparano alla solitudinedell'inverno.

Il vino freme nelle botti, il lavoro si allenta nelleultime giornate, cacciatori e trovatori di tartufi corronoegualmente i colli dietro l'orme di un canemagro e di una speranza più magra ancora. Poi laneve cadrà, lenta, bianca, assidua: un candore uguaglieràle fisonomie della valle coprendone le miserie,mentre i passeri affamati pigoleranno intornoalle case, e sul paese quasi sepolto si aggreverannolungamente giorni torbidi e notti scure.

Diana del mattino, fanfara della primavera, quandosuonerete ancora?

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Perchè ho messo questo nome dinanzi a questolibro composto di articoli scritti come sopra un tamburo,in una vigilia di battaglia, senza che la guerra,che urge da ogni lato, abbia avuto ancora sonoritàdi epopea e fulgori sanguigni di tragedia? Non loso: forse è stata una di quelle parole, che improvvisamentedeste ci echeggiano nel fondo della nostramemoria: forse un baleno d'immagine bianca epura come una statua antica; forse una nota inaspettata,quasi di appello lontano nei cieli dell'idea,dai quali ci giungono tratto tratto i richiami paurosidel mistero.

La diana del mattino non muta: lo squillo dellasua tromba, dorata dai primi raggi del sole, ha semprele stesse vibrazioni, che ridestano l'anima dellecose; la sua bandiera trema rigata di porpora, ogrigia dentro un velo di nubi ondula appena all'orizzontetra pallori di perla, ma vivido o torbido ilgiorno ricomincia egualmente al suo squillo e al suopalpito.

Diana del mattino, fanfara della primavera, vi hosentito anche stamane dopo una notte insonne battereai vetri della mia finestra. La campagna invecchiatarapidamente nelle ultime fecondità dell'autunnoaveva uno squallore più cupo: qualche fogliasi abbassava dai gelsi con volo spossato sul pantanodella strada, due passeri ciarlavano ancora sullapunta più alta della siepe presso l'olmo della Madonnina,poi si sono separati frettolosamente quasiin un grido.

Ho visto passare un vecchio prete curvo sotto unombrello bucato, dal quale l'acqua gli sgocciolavasulla falda rossigna del soprabito, mentre la campanadi Valsenio suonava quasi lietamente a morto.

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Questa volta era per un ricco contadino, pel qualegli eredi pagano le messe tre franchi, e don Giovanniha quattro

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